giovedì 13 luglio 2017
lunedì 3 luglio 2017
MAMMA VOGLIO FAR L'ILLUSTRATORE
MAMMA VOGLIO FAR
L’ILLUSTRATORE
di
Dalmazio Frau
Ai miei tempi era tutto diverso,
avendo ormai superato il traguardo del mezzo secolo di vita da qualche anno, lo
posso dire per molte cose, ma soprattutto per ciò che riguarda il settore di
quel particolare campo dell’Arte, che è l’Illustrazione, arte applicata appunto,
di nobilissime origini ma da troppi, ancora oggi, ritenuta erroneamente
inferiore.
Non è mia intenzione disperdermi
in melensi amarcord, ma due cose o poche più, vanno anche dette per poter
meglio comprendere l’attuale situazione, “tristissima” a tutti gli effetti,
nella quale versa oggi l’illustrazione italiana che poi, piaccia o meno, si
restringe ai pochi campi della narrativa del Fantastico e del Giallo o Thriller
se preferite. Non prendo in considerazione l’applicazione dell’Arte
dell’Illustrazione alle attuali derive di giochi di ruolo da tavolo o
elettronici, perché appunto esse sono “derivazioni”, in quanto per
Illustrazione si fa riferimento solo ed esclusivamente al mercato librario ed
editoriale.
Non volendo tediare nessuno con
la mia autobiografia, mi limiterò a dire che grazie a Dio e a mio padre io con
le immagini ci sono cresciuto, con i mezzi a disposizione di chi, come me, è
nato nei primi anni Sessanta e che erano indubitabilmente molto meno di quelli
attuali.
Quindi io, come tanti altri
coetanei, macinavo fumetti, allora erano i “giornalini” e non avevano alcuna
dignità né d’arte né culturale, sappiatelo. Poi c’erano libri, quelli dei
genitori, dei fratelli, dei cugini… e la televisione e il cinema. Questo era il
nostro bagaglio, l’armamentario delle immagini con il quale potenziare la
propria immaginazione oltre alla personale fantasia.
Ed ecco che Batman, L’Uomo
Mascherato, Il Principe Valiant, Flash Gordon, Dick Fulmine e Tex erano la
nostra “porta sui mondi”; film su carta, sogni disegnati. Vennero dopo i
rutilanti colori della Marvel e quella “porta” si spalancò oltre i confini
della realtà insegnandoci a viaggiare negli spazi, nel tempo e nelle dimensioni,
tra una scienza improbabile e una magia impensabile. Dèi, Titani, Immortali,
Semidei, Eroi, Maghi Supremi e Alieni insieme con gli Uomini lungo una
cavalcata durata milioni di anni e mai terminata. Dopo Thor e Silver Surfer e
Doctor Strange arrivò Conan il Barbaro. Dopo Jack Kirby, Jim Steranko, Hal
Foster, Neal Adams giunsero Barry Windsor Smith e John Buscema a cambiare
ancora una volta il mio mondo di avventure e bellezza. Negli anni Settanta successivi
si aggiunsero rapidamente i libri, dove le “semplici” avventure – meravigliose
– di Salgari e Dumas e Verne e Du Terrail verranno sostituite dagli
anglosassoni nomi di Tolkien, Anderson, Smith, Howard e con i loro racconti e
romanzi anche l’immagine varierà portandoci in un mondo corrusco, violento e
bellissimo di eroi e fanciulle seminude, di stregoni e démoni da sconfiggere,
che avevano le rutilanti pennellate di Frank Frazetta, il dettaglio morbido e
caldo dei Fratelli Hildebrandt, le atmosfere surreali e fantastiche di Karel
Thole. Sì, se soltanto allora, verso i dodici anni circa, avessi immaginato che
meno di vent’anni più tardi sarei stato ammesso alla “corte” di Karel Thole
forse l’avrei ritenuto soltanto un sogno giovanile, anche perché devo a Lui, a
Karel, all’unico uomo che ho sempre chiamato sinceramente Maestro, se ho capito
che nella vita potevo e volevo fare l’Illustratore. Questo senza nulla togliere
a tutti gli altri Grandi, viventi che mi sono stati Maestri, a cominciare da
Donato Giancola, da Michael Whelan, da Oscar Chichoni. Da tutti ho potuto sempre
imparare ciò che non sapevo, buttando via tutto quello che credevo di saper
fare e ricominciando quasi daccapo. Sì, perché “ai miei tempi”, quando Internet
neanche lo potevamo immaginare, chi come me è cresciuto in una città
provinciale e di provincia, cercava di portare i propri “disegni” a farli
vedere a “quelli più bravi”. Ecco che allora, con un misto di paura e speranza,
trepidazione e avventurosità si mettevano le nostre “illustrazioni”, quelle che
ritenevamo migliori o a volte anche tutte, crepi l’avarizia, in una cartella e
si andava “a rompere le balle” al “Maestro-Dio” che avevamo identificato in uno
di quegli autori che ammiravamo. Non sempre questo era possibile, nessuno di
noi, da ragazzo poteva permettersi il lusso necessario, anche economicamente
consistente, di poter attraversare l’oceano per sottoporre le proprie
“ciofeche” allo sguardo di un Frank Frazetta. Se eri fortunato riuscivi ad
andare a Milano, dopo aver magari scoperto dove abitava il “tuo Dio” che faceva
le copertine per le numerosissime edizioni di Fantascienza o di Fantasy che
allora il mercato nostrano offriva. Perché tra gli anni ‘70 e ‘80 quasi ogni
casa editrice aveva le sue belle collane dedicate al Fantastico. Guardatevi
intorno oggi!
Quindi si andava a Milano oppure da
altre parti, con la nostra cartelletta di plastica e si sottoponevano i nostri
“capolavori” al giudizio temibile e insindacabile di Colui che sapeva perché
faceva!
Eppure quello era IL METODO!
Partire con la giusta dose di umiltà e di “presunzione”, mista al coraggio, era
ed È il solo, unico modo di crescere per chi s’incaponisce a fare questo folle
“mestiere” che Thole m’insegnò ad amare, nella sua crudele e smaliziata
visione. Nella migliore delle ipotesi ritornavi a casa con i complimenti del
tuo Esaminatore, le critiche – critiche che possono essere e devono essere
soltanto DISTRUTTIVE perché siano efficaci e utili, inutile parlare come fanno
certi ignoranti di “critica costruttiva” – e i suggerimenti, e ti rimettevi lì,
nuovamente sul foglio a cercare di correggere tutto quello che ti avevano
insegnato in quei pochi minuti che ti avevano dedicato in una pausa caffè. E su
quelle matite, su quegli studi anatomici, su quei panneggi, tra quei colori, tu
riprendevi le fila del tuo sogno.
Allora, grazie a tutti gli Déi,
non esistevano le innumerevoli “scuole” dei Fumetti che oggi imperversano in
questo paese. Ed era un bene perché se eri veramente bravo, riuscivi in qualche
modo ad “andare a bottega” dove imparavi, oppure “rubavi” il mestiere, la
tecnica. Per esempio personaggi meravigliosamente disponibili come Thole (be’
non con tutti, detto con ogni affetto possibile, ma questa è un’altra storia) o
come Giancola non hanno problemi a mostrarti i loro “segreti”, a insegnarti le
tecniche, a dirti cosa sia giusto e cosa non lo sia, cosa si faccia e cosa non
si debba fare mai. Questo è essere Maestri, è essere Grandi ed è Insegnare.
Il Talento non si può invece
insegnare, l’ho già detto molte volte, sia in articoli sia in qualche mio
libro, perciò fatevene una ragione, se il Buon Dio, Madre Natura, Il Padre
degli Asi o chi vi pare a voi, non vi ha donato magnanimamente il talento di
disegnare, dipingere o scrivere (vale anche per suonare e altro ma ora non ce
ne occupiamo), è inutile che insistiate a cercare di fare una cosa per la quale
siete NEGATI. Altrimenti non perseguite l'Arte: la perseguitate. È
diverso.
Se invece i Numi vi hanno elargito la Grazia di un talento, allora però sappiate che non basta, perché senza studio, senza Maestri, senza gavetta, senza competenza, senza conoscenza, senza padroneggiare la tecnica, senza cultura, il vostro "talento" può essere soltanto un succedaneo della carta igienica.
Se invece i Numi vi hanno elargito la Grazia di un talento, allora però sappiate che non basta, perché senza studio, senza Maestri, senza gavetta, senza competenza, senza conoscenza, senza padroneggiare la tecnica, senza cultura, il vostro "talento" può essere soltanto un succedaneo della carta igienica.
Umiltà, passione, dedizione,
piacere sensuale tra i colori e la carta, la tela, i cartoni… tutto questo è
fare l’Illustratore e quando finalmente capisci che “ars sine scientia nihil”,
che sei un nessuno, neppure un Odisseo piccolo piccolo, ma soltanto un nessuno
che deve dimostrare a un Editore o ad un Art Director di essere in grado di
dargli il meglio che da lui vuole il mercato, e vai avanti allora sei sulla buona
strada. Accettare le critiche da chi è migliore di te e ha più esperienza, non
aver paura a imparare cose nuove e a buttar via tutto, soprattutto i
preconcetti che ci siamo fatti.
Per esempio comprendere che la
nostra “fantasia” può essere un intralcio, e che sempre, prima di tutto un buon
illustratore è un vorace, avido, inarrestabile lettore. Ed è sempre un curioso,
un ficcanaso, non dei fatti vostri ma della vita. Che prima di disegnare, anche
soltanto di tirare uno schizzo esiste un pensiero e soprattutto un’idea e ancor
più una Ricerca delle fonti documentarie. Oggi mi capita di vedere presunte
“illustrazioni” dove la “tavola” è un delirio di errori non soltanto artistici
ma soprattutto di documentazione. E allora, ragazzi miei, lasciatevelo dire, se
non avete talento e non volete imparare le “regole” - Sì REGOLE, perché
l’Illustrazione come qualsiasi altra Arte è fatta di regole – allora lasciate
perdere e cambiate attività. Sono certo che ne abbiate una da qualche parte che
vi renderà felici.
Karel Thole m’insegnava, a me come
ad altri, che l’Illustratore è un mercenario, un artista che si pone, proprio
come avveniva nel Rinascimento, al servizio di un Signore che in questo caso è
l’Editore. Che l’Illustratore è la versione attuale del Miniatore, del Facitore
di Immagini e del Decoratore, Pittore, Disegnatore al tempo stesso. Mi
insegnava a non confondere l’Illustrazione con il Fumetto, basate su due
principi spesso opposti anche quando vi è chi – Caza, Druillet, Andreas,
Manara, Segrelles, Toppi per fare alcuni nomi – riescono a fare entrambe al
meglio. Karel, Dio l’abbia in gloria nel Valhalla degli artisti, tra una birra
e un’altra c’insegnava a usare sempre i modelli, a guardare, osservare,
scrutare, vedere… insomma a non essere presuntuosi nel credere di poter far da
sé anche quando potevamo farlo.
Oggi, intorno a me, vedo pochi
talenti, uccisi dall’eccesso di possibilità e di “apparire”. Non vedo più
ragazzi andare con la cartella a cercare chi, un ipotetico “Maestro”, possa dir
loro cosa sia bene e cosa no. Li vedo subito mettere le loro “opere” in rete,
tutti su Facebook, “The Art of Giovanfrancesco Filippepi” (spero non esista
perché l’ho inventato ora), attorniati da bande di amichetti urlanti che li
esaltano a rango di “artisti” a suon di Like, senza aver alcuna capacità né
strumento di giudizio. E guai se uno osa muovere una critica!!! Come ti
permetti? Presunzione, arroganza, supponenza e incapacità sono un cocktail
micidiale.
Pardonnez Moi, ma io e altri
possiamo permetterci. Possiamo farlo perché abbiamo non soltanto il dono
indiscutibile del talento, ma abbiamo studiato, imparato regole e tecniche,
abbiamo sbagliato e rifatto ricominciando e soprattutto siamo arrivati a
pubblicare anche per importanti case editrici. Ecco perché ci permettiamo!
Ci permettiamo perché abbiamo
imparato.
Autocitazione obbligatoria:
Dalmazio
Frau, pittore, illustratore, scrittore e conferenziere.
Studioso d’Arte, di Miti, Simboli
ed Ermetismo nella Tradizione Europea, ha scritto L’Arte Ermetica. Bosch. Brueghel, Dürer, Van Eyck per le Edizioni Arkeios (2014); per le
Edizioni Simmetria il saggio Senza arte
né parte. Come evitare l’arte contemporanea e vivere felici (2012) e L’Arte spiegata a mia cugina. Pensieri
sull’Arte nella Tradizione, nella Politica, nel Fantastico, in pieno Kali Yuga
per le Edizioni Tabula Fati (2015), Crociata
contro l’Arte. Trecento anni di guerra contro il Sacro per Idrovolante
Edizioni (2017). Scrive per Totalità,
Il Giornale OFF e Nazione Futura.
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