venerdì 30 settembre 2016

IL SWORD AND SORCERY È UNA COSA SERIA


L’Heroic Fantasy è una cosa seria. Il Sword and Sorcery è una cosa seria. Non è letteratura di “serie b”, né la robaccia per adolescenti brufolosi e ragazzine in cerca di identità sessuale alla quale ci hanno abituato negli ultimi venti anni, dopo l’esplosione nostrana di “mondi emersi”, “Harry Potter” e Troni di spade.
Il genere Fantasy  e particolarmente il S&S ha radici nobili e popolari nel medesimo tempo, derivando in parte da quello che scrisse un po’ d’anni or sono un tal Ludovico Ariosto e in Inghilterra il signor Edmund Spenser. Poi, finalmente, come al solito arrivarono quei pazzoidi dei Preraffaelliti e con loro William Morris al quale si attribuisce la definitiva nascita del genere. Il resto dovreste conoscerlo… spero.
Amo il Fantasy e soprattutto il Sword and Sorcery, quello buono, ben scritto, quello che non si fa quasi più. Lo amo perché è un “trucco” di altissimo livello per introdurre l’uomo contemporaneo a tematiche che la nostra società evoluta, moderna, democratica e laica ha volutamente dimenticato. Questo genere di letteratura, apparentemente leggero, disimpegnato, “per ragazzi”, è così uno dei pochi metodi che abbiamo oggi per poter parlare di cose serie, molto serie, sotto “al velame de li versi strani” come diceva quell’altro fiorentino.
Non è disimpegno, al contrario. Purtroppo l’attuale cinematografia non aiuta se non a bearci la vista con effetti speciali sempre più straordinari, ma con film sempre più privi di anima. Questa è l’attuale offerta, che nelle librerie fa sì che il Fantasy non abbia più la valenza “psicotropa” che aveva originariamente. Troppi elfi, cloni triti e ripetitivi di quelli tolkieniani già edulcorati e distanti dalla realtà del Regno di Faerie, troppi vampiri dalla dubbia sessualità, troppe eroine in perenne sindrome premestruale. Insomma troppa robaccia!
Tuttavia il Fantasy ha ancora molto da insegnare, purchè si sappia andare oltre magari leggendo o ri-leggendo Eric R. Eddison, Fritz Leiber, Robert E. Howard e altri, perché il Fantasy è come un labirinto in una cattedrale. A chi lo sa percorrere indica la via che conduce in un Centro meraviglioso dove si spalancano gli universi e si amplia la Conoscenza, perché e purché, a quel punto si abbia il coraggio di compiere quel salto che è “il folle volo”.
Fermarsi a ciò che narra semplicemente l’autore sulle avventure di Conan o di Elric di Melnibonè è del tutto inutile, è qualcosa che chiunque è capace di fare, soprattutto adesso dove il cinema e i DVD sopperiscono ampliamente al fascino della lettura e rendono tutti più pigri fornendo prodotti precotti, preconfezionati e predigeriti.
Tutti hanno visto Il Signore degli Anelli certo, ma quanti hanno veramente letto e compreso il libro? Non credo siano poi miriadi. Ancora meno saranno tutti coloro che hanno avuto il Cuore, il Coraggio, di procedere oltre, superando i romanzi. Anni addietro tutti corsero al cinema per il Conan di Milius, eccellente film, che però, purtroppo, non è il vero Conan scolpito da Robert Howard. Quanti poi sono passati a cercarlo sulla carta? Ben pochi, credetemi.
Insomma, il Fantasy è un vascello che scivola leggero, rapido e silenzioso tra le nebbie di questo nostro mondo, offrendo ad alcuni di noi, che hanno “occhi per vedere”, la possibilità di salirvi sopra per poi scendere sulla riva di nuove terre dove il Simbolo diviene Realtà.
La ricerca forsennata dell’effetto stupefacente, ha definitivamente sostituito quel “senso del meraviglioso” che apparteneva all’animo umano dai tempi degli Argonauti e di Gilgamesh; ha fatto dimenticare che è “la Cerca” ciò che conta, sia essa del Graal, dell’Arca Perduta, della Spada Incantata o della Principessa Prigioniera perché viviamo in un mondo fasullo di abili inganni che vogliono distrarci, facendoci credere di essere altro invece di cercare di divenire ciò che dovremmo. Ecco la trappola del “Fantasy per tutti”, un’astuzia subdola e democratica che illude troppi a ritenersi cavalieri rivestiti dall’armatura splendente, senza macchia e senza paura, ma poi miserabili nell’animo e nell’agire, oltreché nel pensare. È l’autoillusione di un autoinganno nel quale alcuni si compiacciono. Ed è anche la sterile chiacchiera, il cicaleccio autoreferenziale di coloro che sviscerando il genere ne ricavano simboli, archetipi e concordanze ma delle quali poi sanno fare soltanto bell’uso nella loro erudizione in conferenze e simposi e non nella vita.
Ormai leggo pochissimo Fantasy, da molti anni, qualche rara volta rileggo i romanzi che mi hanno indicato un piccolo sentiero che conduceva ad una impervia via e ad essi sono grato sperando che tutti questi libri, dalle pagine consunte, invecchiate, dalle copertine sognanti e coloratissime oggi introvabili, un giorno, forse, possano servire a qualcuno che veramente libero nel cuore possa cercare quella stessa strada che si snoda tra i mondi.

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