domenica 29 marzo 2015

Recensione di Claudio Mutti de L'ARTE ERMETICA

http://www.claudiomutti.com/index.php?url=6&imag=4&id_news=252

Dalmazio Frau, L'arte ermetica. Bosch, Brueghel, Dürer, Van Eyck, Edizioni Arkeios, Roma 2014
L'iconografia alchemica ci mostra spesso uomini e donne che gustano i piaceri dell'amore all'interno di sfere trasparenti: scene di questo genere alludono all'unione dello zolfo e del mercurio, che nel vaso ermetico generano l'oro dei filosofi. Le "nozze chimiche" rappresentano infatti il momento in cui il fisso ed il volatile della materia dell'opus si dissolvono insieme e si riuniscono per non essere mai più separati.
Ora, se nella pittura d'ispirazione alchemica c'è un dipinto in cui questo simbolo è presente in maniera massiccia e ossessiva, questo è il trittico di Hieronymus Bosch intitolato Il Giardino delle Delizie. Qui il discorso pittorico si condensa nel pannello centrale, dove il tema della coniunctio all'interno dell'atanòr si presenta nelle forme più bizzarre (ad esempio nel particolare della donna che in una barca subisce le avances di un negro); ma si sviluppa anche sulle due ali pieghevoli del trittico, in una fitta selva di figure di cui questo libro di Dalmazio Frau indica il significato, fornendoci per ciascuna di esse i riferimenti necessari ad inquadrarla nel lessico universale del simbolismo.
La seconda opera presa in esame dall'Autore è il Polittico dell'Agnello mistico di Hubert e Jan van Eyck. Anche qui il tema centrale, l'adorazione dell'Agnus Dei troneggiante sull'altare, costituisce il momento culminante di una sintassi visiva riccamente intessuta di figure e scene simboliche: il Pontifex celeste, la Vergine, i santi, gli angeli cantori e musici, i progenitori, i giudici giusti, i cavalieri di Cristo, gli eremiti, i pellegrini, il gigante ecc.
Mentre nel polittico dei fratelli Van Eyck la traccia del sapere alchemico può essere rintracciato nell'uso della tecnica ad olio ("ascrivibile propriamente - osserva l'Autore - a quelle metodologie che certamente hanno una base alchemica"), nella più celebre incisione di Albrecht Dürer, Melancholia I, è il soggetto stesso a richiamare il tema dell'alchimia. La figura principale, infatti, "tradisce l'angoscia dell'alchimista che attendeva con impazienza la riuscita delle sue operazioni", ossia uno stato corrispondente al color nero della putrefactio. Ma, se questa è l'interpretazione di J. van Lennep (Art & Alchimie, Bruxelles 1971, p. 201), secondo Dalmazio Frau la Melancholia I è "la raffigurazione di un'esaltante sebbene contrastata, ardua, elevazione spirituale".
La rassegna si conclude con uno studio sul Trionfo della Morte di Pieter Brueghel detto "il Vecchio". Si tratta di un quadro in cui confluiscono due distinte tradizioni: "quella mediterranea del Trionfo della Morte con tutti i suoi significati ermetici (...) e quella nordica della Danza Macabra" e della Caccia Selvaggia.
Il libro di Dalmazio Frau non si riduce ad una raccolta di quattro saggi indipendenti dedicati a quattro artisti diversi. Esso ricava la propria essenziale unità dall'evocazione di quel periodo della cultura europea (lo huizinghiano "autunno del Medioevo"), in cui alle arti figurative era ancora data la possibilità di ispirarsi a scienze e a dottrine che l'età moderna avrebbe gradualmente archiviate.

lunedì 16 marzo 2015

IF n° 17 "FANTAPOLITICA"

Carpenter. Fuga dalle rovine. Il mio pezzo su "Snake Plissken", l'ultimo guerriero anarchico, è sul nuovo numero di IF avente per tema la "fantapolitica".


venerdì 6 marzo 2015

La Musica al tempo dei Borgia a "PINTURICCHIO E I BORGIA" per il ciclo "ROMA INQUIETA"


Fu un'età di splendori e meraviglie, un'epoca corrusca di bellezza, nobiltà e sangue, un tempo come mai più ve ne saranno... e Roma era il centro del mondo.
 

martedì 3 marzo 2015

Recensione de "L'ARTE ERMETICA" su Barbadillo, a cura di Riccardo Rosati

http://www.barbadillo.it/37476-libri-larte-ermetica-di-frau/


“L’arte ermetica” di Frau: incanto estetico contro il Kali Yuga


di Riccardo Rosati

In una epoca come la nostra, dove la conoscenza
non sta solo sparendo, ma è già stata completamente
rimossa per i ben noti fini politico-economici
mondialisti, un libro come quello di Dalmazio Frau
giunge come un moto di resistenza contro l’avanzare
di quella età oscura che Julius Evola soleva definire
con un termine indiano: Kali Yuga.
L’arte ermetica è un testo che si rivolge agli “intelletti sani”,
andando ben oltre il campo della semplice storia dell’arte e
ricollegandosi in tal guisa alla tradizione dei dotti italiani,
figli di quel pensiero universale tipico dell’uomo del Rinascimento.
Dunque, arte e storia, ma anche esoterismo e varie acute riflessioni
teologiche, tutto questo è presente nello scritto di Frau,
così lontano, per fortuna diciamo noi, dalla scuola anglosassone,
con i tanti epigoni accademici di Bernard Berenson:
legioni di storici dell’arte, spessissimo di origine ebraica, che per
decenni hanno spiegato a noi la simbologia cristiana.
Non che la cosa sia di per sé sbagliata, chiaramente,
ma riteniamo che l’afflato di un cattolico per la nostra arte sia
difficilmente ritrovabile in uno studioso di una altra confessione.
L’arte ermetica è in sostanza un “quartetto” – come ama definire
lo stesso autore il suo libro –  poiché composto da altrettanti studi/profili,
dei quali il primo è su Hieronymus Bosch (1450 ca. – 1516 ca.) e
i suoi mondi abitati da fantastiche creature
(Il giardino delle delizie 1480 – 1490) ; il secondo su Jan van Eyck
(1390 ca. – 1441), col suo Polittico dell’agnello mistico (1424 – 1432),
pittore spirituale sospeso tra due periodi, nonché in perenne ricerca
di un Graal che è tutto e di più; poi l’Opera al Nero di Albrecht Dürer
(1471 – 1528), cavaliere malinconico di spettri e ombre e qui presente
con la sua celebre Melancholia I (1514); per concludersi con il
Trionfo della morte (1562 ca.), dipinto di Pieter Brueghel il Vecchio
(1526/1531 – 1569).
Come Frau spiega bene nelle pagine del suo libro, questi personaggi
non facevano solo gli artisti, ma erano dei sapienti completi e
spesso membri di circoli iniziatici, come si presume sia capitato
a Dürer durante il suo soggiorno a Venezia.
L’autore non si piega al “malcostume” della critica artistica odierna,
alla semplice analisi storica e stilistica, citando data dopo data,
ma ricerca invece la “ragione simbolica” di queste quattro opere;
le quali sono la quintessenza di quell’“Autunno del Medioevo” –
per utilizzare la celebre definizione dello storico olandese
Johan Huizinga – che altro non è stato che un Rinascimento
fiammingo a cavallo tra il XV e XVI secolo.
Frau ha in sostanza una visione positiva di questo secolo spirituale,
che ricorda molto la visione dell’arte di John Ruskin,
così lontana da quella fredda e cervellotica di oggi di stampo
iconografico e filiazione del Warburg Institute.
Nelle pagine di questo testo il Medioevo, nella sua parte finale,
viene osservato con attenzione e senza il solito pregiudizio
di stampo positivista. Anzi, Frau non cela affatto la sua fascinazione
per questo periodo della storia europea, ma la sua è una “passione”
sobria che non inficia la ricerca del dettaglio mistico presente nelle
opere degli artisti di cui parla. Ad esempio Bosch, che Frau ricorda
essere un “ermetista cristiano”, non era affatto folle o dedito
all’uso di droghe, come erroneamente pensarono i surrealisti
che sono stati i primi a riscoprirlo, bensì un raffinato conoscitore
del linguaggio ermetico. Al tal proposito, sorprende notare come
nel suo quadro analizzato nel libro, nell’Eden con Adamo ed Eva
non vi sia Dio, bensì Cristo. Dobbiamo comprendere come in quella
epoca tutto fosse un simbolo, ovvero un codice nascosto, interpretabile
solo da coloro che erano stati iniziati a una antica sapienza.
Brueghel è presente con un quadro di grande potenza, dove egli
manifesta in modo simbolico la morte, che era una costante nella Europa
di quegli anni, a causa della pestilenza prima e la Guerra dei Trent’anni poi,
e la stessa cosa vale per Bosch: “Ciò che Hieronymus poteva vedere
intorno a sé era un mondo di tenebre”.
Per comprendere la valenza di questo studio, è sufficiente citare le
parole di Claudio Lanzi, autore della prefazione: “Ogni manifestazione
dell’Arte nasce perciò come Arte Sacra”. L’arte ermetica ci permette di
colmare molte lacune, giacché ci spinge oltre la cinica e limitata visione
delle cose, tipica della stragrande maggioranza degli studiosi di oggi.
Inoltre, questo testo ricompone gli importanti rapporti tra l’Italia e
gli artisti del Nord Europa; allora capiamo il perché della grande presenza
di loro opere nei nostri musei, come nel caso della Galleria Doria Pamphilj
a Roma o dei musei di Genova.
Trattasi di un lavoro dalla ottima qualità letteraria, colto, ma dal linguaggio
avvincente. Una opera nella quale si auspica il ritorno a una visione
spirituale dell’arte. “[...] quando il senso di una società decade, l’arte può
conservare il segno della dignità dell’uomo, la sua ricerca di luce e
di verità, di un significato che venga dall’interno, dall’Anima e dall’Alto”;
quindi si parla della stessa elevazione nello studio e nella visione del
Bello tanto cara ai preraffaelliti e al loro “protettore”:
il sopracitato John Ruskin.
Ecco che dall’Italia arriva un libro che ci racconta in modo diverso
quella Europa del Nord alla quale oggi guardiamo con sospetto e diffidenza.
Attraverso la riflessione su queste quattro opere e sui loro autori, Frau ci
ricorda perché il Vecchio Continente, tutto, un tempo venisse chiamato 
“Cristianità”, e ciò a uno come Ruskin avrebbe fatto assai piacere.

* L’arte ermetica di Dalmazio Frau, Edizioni Arkeios, 2014