martedì 3 marzo 2015

Recensione de "L'ARTE ERMETICA" su Barbadillo, a cura di Riccardo Rosati

http://www.barbadillo.it/37476-libri-larte-ermetica-di-frau/


“L’arte ermetica” di Frau: incanto estetico contro il Kali Yuga


di Riccardo Rosati

In una epoca come la nostra, dove la conoscenza
non sta solo sparendo, ma è già stata completamente
rimossa per i ben noti fini politico-economici
mondialisti, un libro come quello di Dalmazio Frau
giunge come un moto di resistenza contro l’avanzare
di quella età oscura che Julius Evola soleva definire
con un termine indiano: Kali Yuga.
L’arte ermetica è un testo che si rivolge agli “intelletti sani”,
andando ben oltre il campo della semplice storia dell’arte e
ricollegandosi in tal guisa alla tradizione dei dotti italiani,
figli di quel pensiero universale tipico dell’uomo del Rinascimento.
Dunque, arte e storia, ma anche esoterismo e varie acute riflessioni
teologiche, tutto questo è presente nello scritto di Frau,
così lontano, per fortuna diciamo noi, dalla scuola anglosassone,
con i tanti epigoni accademici di Bernard Berenson:
legioni di storici dell’arte, spessissimo di origine ebraica, che per
decenni hanno spiegato a noi la simbologia cristiana.
Non che la cosa sia di per sé sbagliata, chiaramente,
ma riteniamo che l’afflato di un cattolico per la nostra arte sia
difficilmente ritrovabile in uno studioso di una altra confessione.
L’arte ermetica è in sostanza un “quartetto” – come ama definire
lo stesso autore il suo libro –  poiché composto da altrettanti studi/profili,
dei quali il primo è su Hieronymus Bosch (1450 ca. – 1516 ca.) e
i suoi mondi abitati da fantastiche creature
(Il giardino delle delizie 1480 – 1490) ; il secondo su Jan van Eyck
(1390 ca. – 1441), col suo Polittico dell’agnello mistico (1424 – 1432),
pittore spirituale sospeso tra due periodi, nonché in perenne ricerca
di un Graal che è tutto e di più; poi l’Opera al Nero di Albrecht Dürer
(1471 – 1528), cavaliere malinconico di spettri e ombre e qui presente
con la sua celebre Melancholia I (1514); per concludersi con il
Trionfo della morte (1562 ca.), dipinto di Pieter Brueghel il Vecchio
(1526/1531 – 1569).
Come Frau spiega bene nelle pagine del suo libro, questi personaggi
non facevano solo gli artisti, ma erano dei sapienti completi e
spesso membri di circoli iniziatici, come si presume sia capitato
a Dürer durante il suo soggiorno a Venezia.
L’autore non si piega al “malcostume” della critica artistica odierna,
alla semplice analisi storica e stilistica, citando data dopo data,
ma ricerca invece la “ragione simbolica” di queste quattro opere;
le quali sono la quintessenza di quell’“Autunno del Medioevo” –
per utilizzare la celebre definizione dello storico olandese
Johan Huizinga – che altro non è stato che un Rinascimento
fiammingo a cavallo tra il XV e XVI secolo.
Frau ha in sostanza una visione positiva di questo secolo spirituale,
che ricorda molto la visione dell’arte di John Ruskin,
così lontana da quella fredda e cervellotica di oggi di stampo
iconografico e filiazione del Warburg Institute.
Nelle pagine di questo testo il Medioevo, nella sua parte finale,
viene osservato con attenzione e senza il solito pregiudizio
di stampo positivista. Anzi, Frau non cela affatto la sua fascinazione
per questo periodo della storia europea, ma la sua è una “passione”
sobria che non inficia la ricerca del dettaglio mistico presente nelle
opere degli artisti di cui parla. Ad esempio Bosch, che Frau ricorda
essere un “ermetista cristiano”, non era affatto folle o dedito
all’uso di droghe, come erroneamente pensarono i surrealisti
che sono stati i primi a riscoprirlo, bensì un raffinato conoscitore
del linguaggio ermetico. Al tal proposito, sorprende notare come
nel suo quadro analizzato nel libro, nell’Eden con Adamo ed Eva
non vi sia Dio, bensì Cristo. Dobbiamo comprendere come in quella
epoca tutto fosse un simbolo, ovvero un codice nascosto, interpretabile
solo da coloro che erano stati iniziati a una antica sapienza.
Brueghel è presente con un quadro di grande potenza, dove egli
manifesta in modo simbolico la morte, che era una costante nella Europa
di quegli anni, a causa della pestilenza prima e la Guerra dei Trent’anni poi,
e la stessa cosa vale per Bosch: “Ciò che Hieronymus poteva vedere
intorno a sé era un mondo di tenebre”.
Per comprendere la valenza di questo studio, è sufficiente citare le
parole di Claudio Lanzi, autore della prefazione: “Ogni manifestazione
dell’Arte nasce perciò come Arte Sacra”. L’arte ermetica ci permette di
colmare molte lacune, giacché ci spinge oltre la cinica e limitata visione
delle cose, tipica della stragrande maggioranza degli studiosi di oggi.
Inoltre, questo testo ricompone gli importanti rapporti tra l’Italia e
gli artisti del Nord Europa; allora capiamo il perché della grande presenza
di loro opere nei nostri musei, come nel caso della Galleria Doria Pamphilj
a Roma o dei musei di Genova.
Trattasi di un lavoro dalla ottima qualità letteraria, colto, ma dal linguaggio
avvincente. Una opera nella quale si auspica il ritorno a una visione
spirituale dell’arte. “[...] quando il senso di una società decade, l’arte può
conservare il segno della dignità dell’uomo, la sua ricerca di luce e
di verità, di un significato che venga dall’interno, dall’Anima e dall’Alto”;
quindi si parla della stessa elevazione nello studio e nella visione del
Bello tanto cara ai preraffaelliti e al loro “protettore”:
il sopracitato John Ruskin.
Ecco che dall’Italia arriva un libro che ci racconta in modo diverso
quella Europa del Nord alla quale oggi guardiamo con sospetto e diffidenza.
Attraverso la riflessione su queste quattro opere e sui loro autori, Frau ci
ricorda perché il Vecchio Continente, tutto, un tempo venisse chiamato 
“Cristianità”, e ciò a uno come Ruskin avrebbe fatto assai piacere.

* L’arte ermetica di Dalmazio Frau, Edizioni Arkeios, 2014

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