mercoledì 24 maggio 2017

LETTERA INUTILE

LETTERA AD UN AMICO INUTILE



La tua è stata una vita inutile, ma ancora più inutile è stata la tua morte, dal momento che neppure di questa estrema occasione sei stato in grado di ricavarne un’opportunità di lasciar traccia di te, nel bene ma neanche nel male.
Sì perché tutto il male che hai fatto lo hai causato per ignavia, egotismo e viltà. Perché di fondo, dietro a tutte le tue infaticabili letture e psicologie, sei sempre stato soltanto un meschino, miserabile codardo. Fallito nella vita, fallito nella morte, capace soltanto di essere perennemente scontento e malmostoso; mai hai voluto uscire dall’angusta prigione che ti sei autoimposto, fatta di sempre pronta compassione di te stesso, di banali bestemmie incolpanti un Dio al quale credevi a giorni alterni e quando veniva comodo al tuo interesse da psicotico. Malato? Sì, eri malato perché ti hanno consentito di esserlo, scusandoti, facendo sì che tu non lavorassi, neppure nell’azienda di famiglia messa su per te, neppure un sol giorno, ma passassi il tempo – tu né infermo né monco se non nella volontà – a guardarti l’ombelico fissando il soffitto oppure a imitare chi è realmente vivo, assumendo pose che sono sempre state soltanto ridicole.
A cosa sono serviti i tuoi costosi – e spesso neppure letti – libri a migliaia, i tuoi ancor più costosi orologi di grandi case, il tuo smoking? A portarli soltanto per uscire a scendere a prendere il caffè al bar sotto casa? Per andare a trascorrere l’unico capodanno fuori, a casa di una coppia di amici di cui lui – buonanima – ubriaco? Patetico. Sei sempre stato soltanto un patetico individuo che ha sperperato la propria vita in inutili lussi che non l’hanno mai reso, non dico felice, ma contento almeno per un nanosecondo.
Non sei mai uscito di tua spontanea volontà da dove hai – si fa per dire – vissuto, e le rare volte che lo hai fatto hai rovinato il tempo che ti è stato donato dai tuoi ospiti con i soliti, inutili, incomprensibili e francamente molesti e cafoneschi malumori. Hai sempre soltanto pianto sull’assenza di amore femminile nella tua vita… Perché tu sei mai stato in grado di darlo, quell’amore che volevi per te? Sei mai stato in grado di porre l’altra persona al di sopra del tuo gargantuesco ego? Hai mai osato, rischiato, gettato il cuore oltre i cavalli di frisia delle tue insormontabili paure? Mai, lasciatelo dire da uno, anzi da quello che più di tutti ti conosceva bene.
Una persona che fa quello che hai fatto tu, pur avendo ogni possibilità per vivere più che bene e che spreca, getta via la propria vita esclusivamente nella più sterile autocommiserazione, per paura di uscire, andare, osare, amare, scopare, rischiare e confrontarsi con sé stesso e con gli altri conoscendo il mondo, è e resta solo un meschino, miserrimo, patetico, tremebondo pusillanime e fallito. Tu non sei mai stato amico di nessuno, ma volevi che tutti lo fossero di te, tutti pronti ad accorrere al tuo richiamo alla tua corte scontenta per poi farti negare. Snob, piccolo snob nell’anima e nel cuore, incapace di dare quello che avevi in più e senza sforzo, se non sei mai stato ricambiato è perché non sei mai stato realmente in grado, volutamente, di dare una parte della tua anima. Neppure un gatto hai voluto tenere in casa, adducendo assurde scuse. Neppure quella responsabilità di sei preso nella vita. Malumore, tristezza fine a sé stessa perché faceva tanto “personaggio” in una città dove tutti recitano e nessuno è, hai finto d’esser vivo con i gemelli d’oro ai polsi e un Vacheron Costantin, per sederti sempre, ogni sera in una piazza deserta a fumare le tue fottutissime Gauloises credendo di essere James Bond mentre eri soltanto una fallita, inutile, mediocre nullità. Hai invidiato tutti, invidiavi persino chi, seppur nato con molte meno possibilità delle tue, aveva il coraggio di vivere, di amare, di sposarsi e di fare figli, e quindi anche di perdere tutto questo. Ti sei nascosto dietro la maschera del dandy di provincia, del pierrot che dopo un po’ però annoia e lo si lascia dietro le quinte a rimuginare assassini che non commetterà mai perché non ha gli attributi. Sei stato sempre e soltanto un’imitazione di ciò che avresti voluto essere e non hai saputo essere, volubile, incostante, dedito soltanto alla critica e all’esaltazione di coloro dei quali ti circondavi, per poi dirne male alle spalle. Oh, sì lo so, lo hai fatto anche con me, che dicevi, ero il tuo migliore amico. Tu non hai mai avuto amici, né amori, né donne, perché tu, per primo non sei mai stato amico, né amante, né innamorato di nessun altro se non della tua fottutissima e sovrastimata illusione.
E adesso? Adesso che anche tu hai passato il nero ponte che ci separa dall’ignoto? Quell’Aldilà dantesco che tanto ti piaceva citare senza crederci? O il nulla eterno? Qualunque sia lo stato, il non luogo, in cui ora ti trovi, e io non credo siano terrificanti gironi dove stia la tua anima dannata, semplicemente perché sarebbe troppo per uno come te che ha fatto dell’ignavia la propria bandiera, ora sei solo. Solo. Veramente e unicamente solo.

Dalmazio

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